I love Juergen Teller
Provocatore, ironico, crudo, essenziale. Che si esprima attraverso ritratti di popstar, campagne pubblicitarie o pura moda, mantiene sempre un fondo di autenticità inconfondibile, che non si maschera nemmeno tra marketing e patinate fashion icon.
Fotografo star degli anni Novanta, Juergen Teller si distacca completamente dalla narrazione tradizionale dei brand di moda e della stessa ritrattistica, approcciando i soggetti (dalle popstar alle borse al cibo alla natura) allo scopo di mostrarli esattamente come sono, senza filtri. È semplicemente reale.
Nella recente retrospettiva che la Triennale di Milano gli ha dedicato (la più grande di sempre) si attraversano sapientemente le sue sfumature, in un percorso di esseri umani e situazioni così diversi tra loro ma catturati da uno stile inconfondibile. L'allestimento, molto moderno - ce ne vorrebbero di più-, alterna stampe gigantesche a minuscoli ritratti formato tessera che contribuiscono a creare l'effetto provocatorio e spregiudicato che Teller cerca con il proprio lavoro.
Virgil Abloh, il compianto designer geniale a capo di Off-White, un'iconica Kate Moss, ma anche la poliedrica musicista Bjork e la rivoluzionaria Vivienne Westwood, sono solo alcune delle figure che compaiono all'interno dell'archivio in mostra del fotografo tedesco.
Immortala collant di seta e bocche di coccodrillo spalancate che coesistono in una stessa stanza armoniosamente. Rossetti e rughe, neonati e anziani, armonia e caos: il mondo reale in forma d'arte. Un insieme di contrasti e di linee che si spezzano invece di andare dritte, che Teller rappresenta nel loro andamento discontinuo e disomogeneo senza intento di mascherarle. Quindi flash sulle pelli imperfette, sulle schiene un po' curve, i piatti sbeccati e le inquadrature volutamente storte. Un messaggio che negli anni non fa che rivelarsi sempre più attuale ed essenziale.
È la storia di una "scuola" tedesca di artisti, distante dalla celebre di Düsseldorf, molto diretta e spiazzante. Come lui iconico il collega Wolfgang Tillmans, fotografo (ma non solo), sperimentatore che dal piccolo paese in cui è cresciuto ha raggiunto la vetta di una mostra personale al MoMA. Un'associazione tra i due è prevedibile ma non scontata, laddove le narrazioni sono spesso differenti. Tillmans, però, con Teller ha indubbiamente in comune quel graffio reale ed esteticamente ineccepibile che non è facile riscontrare nella fotografia contemporanea.
Ciò che è rara è proprio quella innata capacità di raccontare in purezza, non tanto con la provocazione fine a se stessa bensì con la volontà di raccontare una realtà dark ma anche affascinante, sfociando nell'arte e nella moda senza mai snaturarsi. Sicuramente il tocco di Wolfgang Tillmans ha una vena più poetica ed esistenziale, più morbida e minimalista, forse meno pop. Ma questo occhio vero, che tappa ogni spiffero di finzione e parla di mondi concreti, questo è sicuramente terreno comune ai due.
Frank Ocean by Wolfgang Tillmans
Inseguendo l'autenticità e ritraendo il mondo attraverso i propri occhi, Juergen Teller costruisce il suo racconto di persone, creature che nascono, crescono, invecchiano, muoiono.
Non per forza il linguaggio estremamente “real”, quasi disturbante e lontano dall’estetica canonica deve soppiantare l’immaginario bilanciato e perfetto che spesso si incontra in fotografia (soprattutto di moda): si tratta di due mondi che devono necessariamente coabitare. L’importanza, però, di una rappresentazione più autentica del genere umano rimane sempre e comunque una piccola grande conquista.