Oasi marocchina

Il giardino che unisce green design e cultura del territorio sulla costa di Tangeri

Nel nord del Marocco, vicino a Tangeri, esiste un giardino a picco sul mare che parla di architettura e territorio, costruito come forma di opposizione alla speculazione edilizia e alla perdita di biodiversità. È il giardino di Rohuna, ideato da Umberto Pasti, scrittore e botanico italiano, come strumento concreto di rigenerazione paesaggistica e conservazione delle piante autoctone marocchine. Un luogo che sembra fuori dal mondo, sospeso nel tempo tra migliaia di foglie, petali e frutti che non rappresentano tanto un'operazione estetica o nostalgica, quanto un progetto a lungo termine fondato sulla responsabilità ecologica e culturale di mantenere viva la natura - ma pur sempre romantico. Ogni elemento del quadro rappresenta il Paese, la sua ricchezza, il suo potenziale.

Pasti, nato a Milano nel 1957, ha lavorato a lungo come esperto di arti decorative e green design, prima di dedicarsi alla tutela del paesaggio mediterraneo e del sapere artigianale; vive da anni tra l’Italia e Tangeri, esplorando e tutelando la cultura dei due paesi. Il giardino di Rohuna diventa in questo contesto un esempio di sperimentazione: botanica, architettonica, sociale. Un luogo che si estende su circa quattro ettari, organizzati in terrazze che seguono la morfologia del terreno, e dove ogni pianta è stata trapiantata da aree soggette a distruzione come zone costiere privatizzate, cave, cantieri, strade in costruzione. Sono oltre 1.200 le specie attualmente presenti, molte delle quali endemiche, rare o minacciate.

Tra le piante si trovano ginepri, oleandri e melograni ma anche specie come l’iris marocchino, lo zafferano selvatico e l’euforbia - un piccolo cactus tipico della macchia mediterranea. L’obiettivo del progetto non è semplicemente conservare le piante, ma creare le condizioni per una convivenza sostenibile tra natura e attività umane. Il giardino, infatti, è anche luogo attivo di lavoro per la comunità locale: gli abitanti del villaggio partecipano alla manutenzione del verde, alla costruzione di strutture in terra cruda, alla produzione di ceramiche, tessuti e oggetti d’uso quotidiano realizzati con materiali del territorio. E’ grazie a questo approccio che si è nel tempo generata una microeconomia autonoma e resistente, basata sulla conoscenza del paesaggio e sulla valorizzazione delle risorse locali.

Ogni intervento architettonico nel giardino di Rohuna è realizzato senza cemento, con tecniche tradizionali marocchine; le costruzioni, i muri a secco e i canali di irrigazione seguono un principio di coerenza materiale e funzionale. Non c’è superfluo né sovrastruttura: il linguaggio visivo è quello dell’adattamento e dell’essenzialità. Così diventa ispirazione anche dal punto di vista del design sostenibile, come modello replicabile in altri contesti marginali del bacino mediterraneo.

La documentazione fotografica e i testi pubblicati da Pasti, in particolare Un giardino a Rohuna, accolgono nel suo mondo, consentendo di comprendere la portata del suo lavoro: un archivio vivente di biodiversità mediterranea costruito sul campo, fuori dai circuiti accademici e museali.

In un contesto segnato dalla crisi climatica e dalla distruzione sistematica degli ecosistemi, il giardino di Rohuna rappresenta un caso concreto di rigenerazione territoriale. Un vero giardino sostenibile, non per dichiarazione ma per metodo concreto, perché parte da ciò che c’è, lo ascolta e lo ricompone. La presenza di piante autoctone, il coinvolgimento delle comunità locali, l’uso di materiali non industriali e la rinuncia al decorativo come fine in sé, fanno di questo luogo un esempio di resistenza culturale e ambientale, ma anche un’oasi di profumi e colori indimenticabile.

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